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Oggi è l’anniversario del massacro di Aigues Mortes, piccola località del Sud della Francia, ad una manciata di chilometri da Montpellier, dove il 17 agosto del 1893 nove migranti italiani furono linciati da una folla inferocita. I nostri connazionali lavoravano nelle saline locali, lavoro duro, poco sano e malpagato e, per giunta, erano vittime di discriminazioni e maltrattamenti da parte degli autoctoni. Le relazioni tra italiani e francesi furono sempre molto tese ma degenerarono completamente nell’estate del 1893, quando si scatenò una vera e propria “caccia all’ italiano” che durò per due giorni e si concluse con il massacro di nove operai italiani (ma altre fonti parlano addirittura di un centinaio di morti).

“Perché solo ricordando che siamo stati un popolo di emigranti vittime di odio razzista, come ha fatto il vescovo di Padova denunciando “segni di paura e di insicurezza che talvolta rasentano il razzismo e la xenofobia, spesso cavalcati da correnti ideologiche e falsati da un’informazione che deforma la realtà”, si può evitare che oggi, domani o dopodomani si ripetano altre cacce all’uomo. Mai più Aigues-Mortes. Mai più”

Gian Antonio Stella,

prefazione del libro “Morte agli Italiani! Il massacro di Aigues-Mortes 1893” di Enzo Barnabà

Per approfondire, un documento molto interessante che ricostruisce minuziosamente l’intera vicenda:

Alessandro Allemano: I FATTI DI AIGUES MORTES – agosto 1893 – E LE LORO RIPERCUSSIONI IN MONFERRATO.

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26 anni, lettrice accanita, studentessa vagabonda, aspirante antropologa, o in alternativa, allevatrice di asini

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Quache anno fa lo scrittore tedesco Peter Schneider affermava che, nonostante la caduta del muro, la gente di Berlino continuava ad avere “il muro in testa”. La barriera reale, fatta di cemento e sabbia, era stata abbattuta ma la linea di separazione tra "noi" e "loro", tra Est e Ovest restava ancora lì, presente e viva, nella mente dei berlinesi. Ovviamente gli abitanti della capitale tedesca non erano e non sono i soli ad avere un muro in testa. Tutti inevitabilmente ne abbiamo uno, inconsistente, immateriale ma estremamente solido: è quell’insieme di idee, stereotipi, pre-giudizi, classificazioni, attraverso il quale tracciamo confini, barriere, decidiamo chi è il diverso, lo straniero, l’altro. Lo scopo del blog è quindi quello di condividere il mio personale e imperfetto sforzo, non certo di abbattere questo muro, pretesa eccessiva e illusoria, ma perlomeno di aprire una breccia, scavare tra i mattoni alla ricerca di fessure che permettano di lanciare uno sguardo a ciò che c’è dall’altra parte, a ciò che per abitudine o indifferenza, tendiamo ad escludere dal nostro orizzonte di intelligibilità, di senso, di vita.

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"Ogni posto è una miniera. Basta lasciarcisi andare, darsi tempo, stare seduti in una casa da tè ad osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l'amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare." Tiziano Terzani

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